Carlo Oberti
Carlo Oberti (Val D’Ossola, 1955)
Spirito irrequieto e versatile, già in giovane età si appassiona al mondo dell’arte e negli anni Settanta si trasferisce a Bergamo, dove, si iscrive ai corsi dell’Accademia Carrara ed entrando in contatto con personaggi e luoghi diversi, stimola ed affina vocazione artistica e tecnica, iniziando un percorso personale che spazia dal classico al contemporaneo.
Ne dà un ritratto preciso Marco Lorandi in occasione della mostra personale di Oberti presso lo Studio d’Arte Fioretti (Lorandi Marco, “ Del gioco, della libertà, della meditazione e della semplice grazia”, ed. Ikonos, 1996): “…nel caso di Oberti non esiste alcun intervento satirico e nemmeno provocatorio, lo spunto riguarda piuttosto quello di risignificare gli oggetti del quotidiano (biglie, birilli, bocce, chiodi, cartoline, borselli consunti, ritrovati in vecchi cassetti dimenticati, antichi orologi squassati, forme per scarpe, piccoli piatti ad uso di portacenere, etc.) da inserire in un contesto costruttivo di opera a tutti gli effetti, in cui gli oggetti sono ripresi in quanto cose in se stesse.
Queste vengono collocate come nature morte su fondali di quadrati, rettangoli o incavi lignei, laccati di nero o marrone in cui mostrare una connotazione diversa della loro funzione utilitaria di utensili, di attrezzi e strumenti di uso domestico. Tali oggetti e, banalmente, le cose, hanno, invece, in sé un fattore trascendente non meno della nostra vita; la loro realtà si presta ad un’indagine infinita, poiché l’oggetto, la cosa, insomma, in quanto tale, attiene al momento della riscoperta dell’oggetto stesso mediante la sensazione e la percezione dell’artista.
L’esperienza della corporeità dell’oggetto è in relazione all’esistere umano, di un’esistenza manifesta, poiché il mondo e le cose esistono in quanto percepite da noi stessi, l’io e gli altri nel nostro breve passaggio temporale…”.
Nel silenzio quasi misterioso, che le avvolge, le opere di Carlo Oberti si impongono con la loro elegante essenzialità allo sguardo dello spettatore e lo trasportano in un universo sospeso nello spazio e nel tempo, in cui respiro classico e sperimentazione contemporanea si abbracciano, trovando un inaspettato quanto affascinante equilibrio. Non c’è alcuna provocazione nella scelta di materiali poveri o rubati alla quotidianità né, tanto meno, ricerca di un estetismo esteriorizzante e gratuito; in quelle forme rigorose e pulite che dialogano con vivaci biglie colorate c’è piuttosto poesia, memoria e una riflessione profonda, sebbene apparentemente giocosa, sul tempo e il suo scorrere.
a cura di Simona Bartolena
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