Annalì Riva
Vive e lavora tra Lodi e Piacenza. Si è Diplomata presso il Liceo Artistico Bruno Cassinari di Piacenza. Laureata all’Accademia delle Belle Arti di Brera (MI) nel 2007 con il massimo dei voti. Ha in seguito frequentato nel 2008 un Master in Landscape Design. Ha collaborato con l’Associazione culturale “Connecting Cultures” di Milano.
Solo show
2011 “Le Stanze del Sogno”a cura di Elisa Bozzi, Torre Pusterla, Casalpusterlengo, Lodi
2011 “Le Stanze del Sogno” a cura di Roberta Suzzani, Laboratorio delle Arti, Piacenza 2010 “Dimore”
Ottava Edizione “Cesaris Per Le Arti Visive” a cura di Amedeo Anelli, Lodi
2009 “Gates”Villa Vistardini Biancardi - a cura di Amedeo Anelli, Lodi
2008 “Arte-Tempo” cura di Carlotta Cerri, Piacenza
Group Show
2011 “Non Rompete le Scatole”a cura di A. Pasquali, b-art contemporary, Seveso
2011 “Premio di Pittura Morlotti” Museo Civico- Torre Viscontea, Lecco
2011 “La Percezione de Vuoto” a cura di Silvia Ceffa, Spazio Moderno Arona
2011 “Terza Biennale d’Arte della Città di Lodi”
Associazione Culturale Monsignor Quartieri, Sala Espositiva della Banca Popolare di Lodi
2011 “ Biennale Internazionale dell’Arte Contemporanea di Brescia”
(su selezione della Fondazione D’Ars di Milano) a cura di Valter Fabbri, Piccolo Miglio, Brescia
2011 “Undici più 1”a cura di Olga Sgobio, Piscina Comunale Spazio Arte Copisteria, Milano
2011 “Settimana dell’Arte” Casa d’arte San Lorenzo, Sardegna
2011 “Week End di Primavera” Casa d’arte San Lorenzo , San Miniato, Pisa
2011 “Venti Per Venti” Laboratorio Delle Arti, Piacenza
2010 “Premio Biennale Di Pittura Luigi Brambati” – Finalista a cura di Mario Quadraroli, Soave Codogno
2010 “Syrinx gli Aspetti Dell’arte Nel Lodigiano Dal Secondo Novecento” per il ciclo “Cesaris Per Le Arti Visive” Nona Edizione, a cura di Amedeo Anelli, I.I.S. Cesaris- Casalpusterlengo
2010 “Next_Generation Patrizia Barlettani 2010 Pittura, Espressione Contemporanea” Finalista al Premio a cura di Roberto Milani, Galleria San Lorenzo, Milano
2010 “Galleria Inart” a cura di Giovanni Gobbi, Piacenza
2009 Premio “Arte per loro” Gruppo Giovani Industriali, Palazzo Costa, Piacenza
2005 “Premio Nazionale Di Pittura Luigi Brambati”- Selezionata a cura di Mario Quadraroli, Lodi
“Se dovessi inventarmi il sogno
del mio amore per te
penserei a un saluto
di baci focosi
alla veduta di un orizzonte spaccato…”
Alda Merini
Tatto e anima. A volte per sentire certe “cose”, se così possiamo definirle, ci vuole il senso più corporeo e immediato del tatto e quello più sottile, più effimero dell’anima. A volte per capire certe “cose” è necessario partire dal corpo, dalla matericità dell’essenza, per andare un poco più in là, verso il sogno. Verso le stanze dei sogni.
Le stanze dei sogni di Annalì Riva, un universo espressivo in cui è prima di tutto il modo di sentire dell’artista a dettare le regole della creazione calibrata attorno al colore, alla materia, alla simbologia di elementi che si rincorrono e che fanno parte del vissuto dell’artista e del suo intimo.
Elementi che ritornano, dicevamo. Urne cinerarie. Segni grafici. Radici. Il tema delle radici non è un semplicistico richiamo all’elemento naturale, è un collegamento tra il dentro e il fuori, tra il reale e l’immaginario. Simbolo e allo stesso tempo cardine di un discorso interiore che mette in collegamento tutte le parti dell’opera e le riporta al centro, ovvero all’anima. In un mondo in cui è l’immagine a farla da padrona, in cui a dettare le regole è l’apparenza e tutto ciò che vi gravita attorno, le opere di Annalì Riva vanno nella direzione opposta. Pretendono il necessario tempo di lettura e parlano con un linguaggio sincero, schietto, privo di fronzoli decorativi o di bugie espressive. Rallentare per vedere e capire è l’unico modo per leggere queste opere che parlano in rima, si agitano in versi. Poesie di immagini.
In questo senso i simulacri assumono un valore simbolico ancora più profondo di quello che veniva a loro assegnato in quanto rappresentazione della divintà. In un certo senso assumono una valenza ancor più “pagana”. Simboli di una divinità molto più intimistica e personale: la divinità e il senso del divino nelle piccole cose quotidiane. La consolazione dell’amato. Il messaggio è uno solo: rallentare e tornare a guardare a quello che di più intimo e vero abbiamo, sia esso un semplice oggetto o un abito. Come la sottoveste di seta che portavano le nonne, memoria di un antico amore indissolubile, di valori forti come il materiale stesso e l’ultimo a polverizzarsi dopo la più estrema perdita, la morte.
Sperimentazione e matericità sono un punto di partenza imprescindibile per Annalì Riva che prima di crearle, le sue opere le sente, le tocca. Il tatto che apre la porta all’anima e in primis a quella dell’artista.
Il colore è steso a strati, denso, pastoso, vivo. Su questo fondo carnoso Annalì interviene fisicamente, graffiandolo, incidendolo, modificandolo, cancellandolo, inserendo poi brandelli di carta e parole. Spesso lo sovrappone a supporti “alternativi”. Carte da tappezziere, da giornale, carte assorbenti. Un fondo che si anima di forme perché la vita parte anche da lì… dalla base.
La riproduzione realistica è quasi “accidentale” in Annalì. La realtà diventa un dettaglio, sono le emozioni e l’espressione gli unici valori a cui dare voce. Quello che spinge la sua mano è la ricerca del segno, la bellezza della grafia sia essa infantile o ricercata, elegante o primitiva. Il segno, spesso regolato dall’inconscio, è concepito nella sua valenza estetica.
Opere che amano il tempo e che pretendono tempo. Il tutto e il dettaglio sono intrinsecamente legati nelle creazioni dell’artista. Il tutto vive dei dettagli che emergono uno a uno solo con il tempo, che in questo caso è il tempo dell’osservazione. In altri il tempo della materia che si modifica, si assottiglia e lascia uscire quello che fino a poco prima teneva intrappolato in sé. Con meticolosità fiamminga Annalì Riva cela nel dipinto, all’apparenza uniforme, una miriade di dettagli che si lasciano scoprire solo con un confronto forte tra l’osservatore e l’opera. Quel che si dice “guardare dentro l’opera” qui diventa un imperativo. Perché solo guardando dentro l’opera si vede l’opera stessa, fatta dall’insieme e dal particolare minuto. Dagli strati di colore che si sovrappongono, dal fondo della tela arricchito di carte, inserti, incisioni, da una casetta seminascosta in un angolo da cui si diparte una radice che attraversa la tela per raggiungere l’altro capo del quadro e forse del pensiero.
Perché in fondo, come diceva Alda Merini «…si può essere qualcuno semplicemente pensando…»
Roberta Suzzani
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Scriveva il romanziere tedesco Hermann Hesse: “Bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile. Ma non esiste un sogno perpetuo. Ogni sogno cede il posto ad un sogno nuovo. E non bisogna volerne trattenere alcuno.” Nel ciclo di lavori “Le stanze del sogno” Annalì Riva prende le sue fantasie e le cattura, al contrario di quello che diceva il grande scrittore, con la sua pittura. Una serie di visioni di forte impatto, dai colori decisi e dai particolari evocativi.La vita e la morte sono protagonisti indiscussi. Lunghe radici percorrono la superficie pittorica in cerca di luce e di linfa vitale, in un continuo generarsi di esistenza. Così allo stesso modo le urne cinerarie sono una sorte di “memento mori”, insieme ai teschi, un monito a vivere la vita appieno, in previsione della fine. Ma anche nella morte c’è la vita. Queste piccole casette che Annalì rappresenta in numerosi dipinti contengono la cenere dei defunti e sono lì ad affermare la caducità della vita (“cenere eri e cenere ritornerai”). Ma la cenere è anche simbolo di vita: l’Araba Fenice risorge dalle sue ceneri dopo la morte. La medaglia ha sempre due facce.
Anche l’uomo è presente nelle opere dell’artista, come semplice corpo stilizzato o attraverso i suoi abiti, che spesso sono candide vesti dall’aspetto nuziale. “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa…” dice un verso del Cantico dei Cantici. L’abito della nubenda non è solo simbolo di purezza grazie la colore bianco, ma fa pensare anch’esso alla vita, alla donna che genererà la sua prole. Spesso questi abiti sono caratterizzati dalla presenza di radici, quasi a formare dei veri e propri alberi della vita di tradizione celtica ripresi poi nei primi libri della Genesi, simbolo dell’unione tra terra e cielo grazie alle radici piantate al suolo e ai rami rivolti verso il cielo. La dimensione sacra è spesso utilizzata dall’artista nelle sue opere: il pesce simbolo di Gesù Cristo, il cuore che nella Bibbia rappresenta l’anima umana, i piccoli uccelli colorati da sempre presenti nei racconti cristiani. Secondo una leggenda, infatti, il cardellino, il pettirosso ed il fringuello, mossi da compassione di fronte alle sofferenze di Gesù, si misero attivamente al lavoro per togliere ad una ad una le spine della corona che gli trafiggevano le carni, ma tutti e tre furono feriti da quei rovi bagnati dal sangue divino. Sicché le parti del corpo che furono colpite ne rimasero gloriosamente segnate.
Annalì Riva lavora con la materia, la plasma secondo la sua volontà, la rende viva e vitale. Vecchie carte da parati rivelano la loro nobiltà creando superfici finemente decorate, materiali d’uso comune diventano basi su cui creare il gioco dei colori. Le campiture sono sempre ben definite, sia quando l’artista crea infiniti orizzonti o finestre dietro cui nascondere – o svelare – i suoi mondi immaginari, le sue stanze del sogno.
Elisa Bozzi
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